Sfida senza regole, di Jon Avnet
Sfida senza regole è un esempio di come si possa realizzare un film mediocre pur avendo a disposizione un cast stellare. Intendiamoci, la sceneggiatura a livello di dialoghi non è male, ma la struttura della pellicola fa acqua da tutte le parti. Già dopo la prima mezzora appare chiaro dove la storia andrà a parare; quello che dovrebbe essere un inganno per lo spettatore diventa quasi da subito un depistaggio mal riuscito, talmente evidente che verso la fine vien da chiedersi se non sia un escamotage per ingannare doppiamente lo spettatore. Ahimé, non è così, e il finale è quanto di più telefonato possa esserci. Un vero peccato per un thriller che vede protagonisti Al Pacino e Robert De Niro nei panni di due detectives veterani dalle personalità eccentriche, in grado di divertire e trascinare lo spettatore nelle loro vicende personali, fino a renderli degni di stima e simpatia, quasi fossero due amiconi da cui sarà poi difficile separarsi.
Devil Red, di Joe R. Lansdale
è – per dirla alla Lansdale – come una colata di burro fuso tra le pagine. Ci si lascia trasportare, ammaliati e divertiti, dalle azioni violente e esasperate di questa coppia di scavezzacollo, personaggi sempre un po’ sopra le righe e mai scontati.Memento, di Cristopher Nolan
Nel 2000 Cristopher Nolan porta sul grande schermo un film destinato a entrare nella storia del cinema. E’ Memento, ambigua storia di un uomo all’eterna ricerca dell’assassino di sua moglie; eterna perchè lo sfortunato Leonard Shelby (Guy Pearce) soffre di una rara forma di amnesia a causa della quale non è in grado di memorizzare quel che gli accade intorno se non per breve tempo, scordando dopo poche ore tutto ciò che riesce a scoprire. Per questo la sua auto è sommersa di foglietti dove appunta i suoi progressi nelle indagini, e si serve di una polaroid allo scopo di immortalare dettagli che altrimenti dimenticherebbe; il suo corpo stesso è tappezzato di tatuaggi che riportano gli avvenimenti più importanti occorsi dal momento in cui ha avuto inizio il suo calvario. Il suo ultimo ricordo nitido è quello dell’amata moglie, violentata e uccisa senza pietà, frammento così intenso e doloroso da spingerlo ossessivamente a inseguire la vendetta, ormai sua unica ragione di vita.
A perfect getaway: recensione
David Twohy è un regista di notevoli potenzialità, esploso con il binomio fantascientifico che ha lanciato il roccioso Vin Diesel nel mutevole panorama hollywoodiano, ovvero Pitch Black e The Chronicals od Riddick. Ha inoltre all’attivo diverse sceneggiature (come il Fuggitivo e Soldato Jane) e, sebbene non sia tra i registi più noti, può vantare quindi diversi successi al botteghino. A Perfect Getaway però è un esempio di come un’idea di per sè vincente possa essere sviluppata in modo lento, fino quasi ad annoiare lo spettatore.
La sottile linea scura, di Joe R. Lansdale
Lansdale ci ha abituati, nel tempo, al suo stile impressionista. Attraverso le parole è in grado di rievocare suoni, odori, imm
agini di un America in stato confusionale, nell’epoca dei conflitti razziali, come nel bellissimo “In fondo alla palude”, tanto per citare un altro dei suoi romanzi più riusciti. La Sottile Linea Scura si colloca in questo filone in maniera violenta e, quando giriamo l’ultima pagina, lo facciamo con la consapevolezza di avere imparato qualcosa di quel tempo, di quei luoghi, della gente che vi viveva. A raccontare questa storia è un anziano Stanley Mitchell, che ripercorre le vicende della sua giovinezza, tornando all’estate del 1958, nella cittadina di Dewmont in Texas, estate in cui il ragazzino Stanley si ritrovò di botto sparato fuori dall’adolescenza verso le realtà, a volte crude, a volte drammatiche, dell’età adulta.
Alice secondo Dimitri
Alice nel Paese della Vaporità è il secondo libro di un giovane autore italiano che vive e lavora a Londra: Francesco Dimitri.
L’opera può essere considerata una riscrittura della Alice più classica, quella che approdò nel Paese delle Meraviglie grazie alla penna di Lewis Carroll.
La Alice secondo Dimitri è ben diversa dalla bambina dai capelli dorati smarrita in un mondo da fiaba: l’universo in cui l’autore ci proietta è un mondo caotico, di chiaro impianto steampunk, in cui la tecnologia è una scienza da poco riscoperta dopo esser rimasta per lungo tempo sepolta, ed è una tecnologia per lo più basata sul vapore e sulla forza idraulica.
La Londra in cui inizia la vicenda è una metropoli industrializzata e per certi versi illuminista, ed è tenuta al riparo dalla Vaporità della Steamland da un impianto di enormi ventole installate lungo un altissimo muro di cinta. Al di là c’è un territorio insano, in cui nessuno osa avventurarsi, o quasi: la Steramland, appunto.
Alice, che proprio da quella terra proviene, decide che è giunto il momento di tornarci. Il suo viaggio, che lei maschera dietro una ricerca antropologica, è in realtà pura ribellione a una Londra che le va sempre più stretta.
Man mano che si addentra nella Steamland – in soldoni, una landa arida trasformata in discarica tecnologica dai londinesi – le sue percezioni cominciano a cambiare; si rende conto che ciò che nella sua realtà ha una forma definita, nella Vaporità assume connotati differenti. I cinque sensi si mescolano in uno sciabordio di odori, suoni, sapori, colori e tocchi interscambiabili tra loro.
Per lei è come rinascere a una nuova vita.
Recensione a Shutter Island
Corre l’anno 1954. L’agente FBI Edward “Teddy” Daniels (Leonardo di Caprio) si reca presso il manicomio criminale di Ashecliff , che sorge su un isola lontano dagli sguardi dell’autorità americana per ritrovare una donna -pluriomicida- scomparsa in modo misterioso. Teddy, affiancato dal nuovo collega Chuck (Marc Ruffalo) si troverà a dover fare i conti con l’ostruzionismo dei medici, con la ritrosia dei pazienti, con la durezza delle guardie carcerarie e con un passato di sangue che continua a perseguitarlo. Durante le indagini il Professor Cawley (Ben Kingsley) collabora pazientemente con Teddy, pur non ottenendo mai la sua completa fiducia. C’è qualcosa di pericoloso sull’isola e quando le ricerche portano i due agenti sulle tracce di un possibile complotto antigovernativo ordito da ex nazisti, gli eventi prendono una piega inaspettata.
Paolo Di Pierdomenico Gladiatore Massimo
Nel vasto scenario dei concorsi letterari, quest’anno mi sono imbattuto in una ghiotta novità, che ha attratto fin da subito la mia attenzione, al punto da indurmi a partecipare, per vivere da vicino un’esperienza che sapevo sarebbe stata unica.
Ma forse è meglio spiegare: l’associazione culturale e casa editrice Edizioni XII ha indetto un vero e proprio torneo intitolato Circo Massimo, diviso in due diverse sezioni: fantasy e fantascienza. Dalla conta iniziale, ammontante a un centinaio di opere inviate, è stata fatta una prima selezione in modo da ottenere trentadue racconti in gara per sezione, quasi tutti leggibili on-line (per consenso degli autori). Dopo di che la sorte ha diviso i concorrenti in quattro gironi diversi per ognuna delle due categorie. Al termine di tutti gli scontri, dei successivi ottavi, quarti, semifinali e finalissime, un racconto è emerso nettamente vincitore di questa avventurosa prima edizione: si tratta de La Polvere di Cantor, di Paolo Di Pierdomenico.
L’opera in questione è, a mio avviso, una vera perla in quello che è il panorama della fantascienza italiana oggi.
LEGGI L’INTERVISTA SU ART-LITTERAM











































