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Il Cigno Nero, di Darren Aronofsky

“L’unico vero ostacolo al tuo successo sei tu: liberati da te stessa. Perditi, Nina
Con questa frase Thomas, direttore della compagnia di ballo, spinge Nina sull’orlo del baratro. Lei, già così fragile e problematica, ossessionata dalla perfezione, da una madre morbosa e da un passato di autolesionismo, iniza una caduta libera nell’abisso profondo e contorto della propria anima. È di questo che si tratta, in fondo, di un viaggio nell’anima.
Darren Aronofsky, dopo il successo di The Wrestler e un precedente artistico come il visionario The fouintain (L’albero della vita), mette in piedi un film memorabile, che non può non impressionare, da qualsiasi ottica lo si guardi.
Natalie Portman, vincitrice dell’Oscar come miglior attrice protagonista, ci trascina per mezzo dell’espressività dei suoi occhi, del suo volto scavato, nella mente di una ragazza disturbata, travolta da una fragilità e un’insicurezza che è costretta ad affrontare nel peggiore dei modi, attraverso l’interpretazione del Cigno Nero, nel quale finisce per immedesimarsi fino alle estreme conseguenze.

Il tema del viaggio interiore è affrontato con cruda maestria. La scoperta delle emozioni, della trasgressione e del sesso si esplica in una riscoperta del sé. I personaggi che Nina incontra sulla sua strada sono figure ambigue, che sembrano attirarla e respingerla insieme, minando ancor più la sua già precaria stabilità.

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Il Signore del Canto, di Andrea Franco

Immaginare una società fondata sul canto, ove la magia stessa nasce e vive attraverso la voce dei musicanti, e riuscire a rendere credibile questo sistema, non è impresa semplice, ma Andrea Franco sembra riuscirci appieno. La storia, semplice e cristallina, è una storia d’amore che non anela a rappresentare l’ennesimo tentativo di salvare il mondo da parte del bene in lotta contro il male. Non c’è nulla di tutto questo nel breve romanzo pubblicato da DelosBooks, e ne siamo lieti, perché ciò che Franco ci racconta è qualcosa di lieve, che deve essere lieve, ma anche di profondamente sentito. Non si può non arrivare all’ultima pagina con una sensazione agrodolce che ci fa assaporare la chiusura pensando di aver letto qualcosa di buono, di cui rimane un ricordo piacevole.

 La vicenda narra di come Jamis, giovane di’erendis (musicante, appunto) cerchi di salvare la sua amata èlhear, scelta per essere la futura hel’erendis (Signora del Canto, indiscussa autorità del mondo di al’ajiss) da un destino che altrimenti li separerà per sempre. La hel’erendis in carica, l’austera Halaedris, si oppone con tutte le sue forze alla sfrontatezza del giovane, nel tentativo di preservare l’equilibrio di un sistema che da secoli tiene fuori gli uomini dalle alte cariche di governo, al fine di mantenere la pace nel mondo. Equilibrio che Jamis incrinerà fino al punto di rottura. Ma l’amore per la sua bella è tale da spingerlo a prendere una decisione che finirà per sorprendere la stessa Halaedris.

 Il romanzo, che conta poco più di cento pagine, è un viaggio che il lettore fa volentieri assieme a Jamis, col quale empatizza immediatamente. D’altronde, nella storia della letteratura, gli amori difficili sono da sempre tra i topoi di maggior successo, basti pensare a grandi classici quali I promessi sposi  di Alessandro Manzoni o a Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Naturalmente qui siamo in ambito fantasy, ma il concetto di topoi abbraccia qualunque genere letterario, senza eccezione.

È una lettura che ci sentiamo di consigliare quindi, senza naturalmente avere grosse pretese, non tanto per la qualità – che c’è ed è indubbia – quanto per i contenuti che, a causa della brevità dell’opera, non arrivano a incidere quanto invece avrebbero potuto in uno spazio di pagine più ampio.

Morte in aprile, di José Luis Correa

Lei si addormentò, o finse di addormentarsi, molto prima di me, non per niente io mi ero alzato dopo mezzogiorno. Mi dedicai a sentirla respirare accanto a me, ad ascoltare i suoi gemiti, a sentire il suo profumo, a vegliarle il sonno, ad accoglierla nell’incavo delle mie braccia quando si girò e si accoccolò lì come se avesse intenzione di restarci a vivere per sempre. E mi dedicai a restituirle ognuno dei suoi baci, veri o sognati, e a ricevere il calore del suo corpo e a desiderarla di nuovo e sempre con dolcezza.

Torna Ricardo Blanco, detective di Las Palmas che sembra venuto fuori da un altro tempo, duro e cinico a volte, ma anche goffo e sentimentale, creatura sull’orlo dell’estinzione, che non si rassegna alle ingiustizie e lotta strenuamente contro di esse, anche gratis se occorre, pur di mettere a nudo le nascoste verità in cui viene continuamente invischiato.
Questo secondo capitolo delle sue avventure è forse più profondo rispetto al primo, la sua personalità si delinea in maniera più precisa, dipingendone la forza e la fragilità con tratti da maestro. Correa, a suo modo, è un maestro. Abile nel tessere una ragnatela in cui invischiare il suo amato protatonista, abile nel mettere in piedi situazioni anche al limite del credibile, che il lettore finisce per accettare per buone perché, si dice, è il mondo di Ricardo Blanco a essere al limite del credibile.

Le passioni del detective vengono stravolte in questo romanzo da un serial killer spietato e lucido, pur nella sua pazzia. Le persone che ama verranno trascinate in un vortice che rischia di portarsi via quello stesso mondo di Blanco, così variopinto, vivido, indimenticabile.

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La sottile linea scura, di Joe R. Lansdale

Lansdale ci ha abituati, nel tempo, al suo stile impressionista. Attraverso le parole è in grado di rievocare suoni, odori, immagini di  un America in stato confusionale, nell’epoca dei conflitti razziali, come nel bellissimo “In fondo alla palude”, tanto per citare un altro dei suoi romanzi più riusciti. La Sottile Linea Scura si colloca in questo filone in maniera violenta e, quando giriamo l’ultima pagina, lo facciamo con la consapevolezza di avere imparato qualcosa di quel tempo, di quei luoghi, della gente che vi viveva. A raccontare questa storia è un anziano Stanley Mitchell, che ripercorre le vicende della sua giovinezza, tornando all’estate del 1958, nella cittadina di Dewmont in Texas, estate in cui il ragazzino Stanley si ritrovò di botto sparato fuori dall’adolescenza verso le realtà, a volte crude, a volte drammatiche, dell’età adulta.

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