Primo e ultimo post dell’anno
È così, il 2019 è stato talmente pieno di cose da fare che ho del tutto trascurato il mio blog. Vabbè che lo sappiamo, ormai i blog sono fuori moda, siamo nell’era dei social, ma pure lì ammetto di aver latitato. Non so se sia più per mancanza di tempo o di voglia, ma il mondo di internet comincia ad andarmi stretto. Troppe cose tutte insieme, che girano, vorticano in un tumulto di notizie di cui tutti leggiamo a mala pena il titolo e i cui contenuti spesso sono fasulli, travisati o solamente irritanti. Così anche questo spazio, che un tempo coltivavo con più cura, è ormai un posto pressoché abbandonato. Certo, cerco di tenere aggiornate le notizie riguardo le mie pubblicazioni, ma non vi è molto di più.
Anche ora, mentre scrivo, mi sembra di cucire parole su uno schermo ben sapendo di tessere niente più di un pezzo di stoffa senza valore. Non un golfino, non un paio di guanti, non una maglia, ma solo un lembo di un qualcosa che non ha alcuna forma. Perché la vita stessa, a volte, sembra non avere una forma precisa e quella che noi le diamo è sono un’ombra una parvenza di ciò che auspichiamo.
Non volevo finire sul parafilosofico.
Il 2019 è stato un anno intenso per quel che riguarda Nero Press Edizioni. Non tanto per la quantità di pubblicazioni, che è forse persino diminuita rispetto allo scorso anno, ma per una serie di scelte che hanno portato a un consolidamento strutturale e organizzativo non indifferente. Insomma, abbiamo bandito la Black Window (nuovo sistema di ricezione manoscritti), avviato la pubblicazione in print on demand su Amazon di alcuni dei nostri ebook, partecipato a diverse fiere nella seconda metà dell’anno, avviato un Concorso Steampunk per testi e illustrazioni, e altro ancora è in divenire.
Per quel che riguarda me, non ho smesso di scrivere, anzi sto portando avanti i miei progetti (un romanzo è in effetti concluso e in fase di revisione), anche se con la consueta lentezza che contraddistingue chi ha sempre troppo poco tempo a disposizione. Il 2020 porterà senz’altro news editoriali interessanti o, almeno, da queste parti ce lo auguriamo (plurale maiestatis).
Detto ciò, non mi resta che augurarvi buon Natale, buon anno e, se non ci vediamo prima, buona Pasqua e buon ferragosto! (chi indovina la quasi-citazione?)
Sogni nucleari
Avete presente uno di quei sogni in cui tutto sembra dannatamente reale e, allo stesso tempo, quello che succede pensate che sia strano? Ecco, immaginate come mi sono sentito io ieri notte quando, nel sonno, ero a New York, su un autobus di linea con due persone a me care e… sentivamo questo rombo assurdo e poi un missile veniva giù dal cielo, radente al terreno, e si schiantava tra i palazzi poco lontano da noi.
Ricordo il primo pensiero: oh no, che sta succedendo? Ci stanno bombardando? Cioè… proprio ora che siamo in vacanza in America?
E poi vediamo partire questo razzo enorme… che decolla poco distante. Sì, assurdo no? Decolla da qualche parte tra… i palazzi? Okay, strano… ma così reale!
E poi, mentre è in cielo sopra di noi… che fa? Vira, sempre più, fino a girarsi completamente, stile inversione a U, e precipita di nuovo in basso, verso di noi. Cioè, non proprio addosso a noi, ma… lì, più o meno da dove è partito, oltre i palazzi.
E quindi arriva il boato…? No. Arriva solo questa luce bianca, che si diffonde… mentre io e i miei cari ci abbracciamo, dicendo che è finita, è finita davvero. E tutto si fa bianco, tutto sparisce…
…e poi mi sono svegliato, cazzo.
L’ombra di Cthulhu sulle isole Azzorre
Macabro ritrovamento sulle coste delle isole Azzorre. Un gigantesco polipo è stato rinvenuto sulla spiaggia di Horta nell’isola Faial da alcuni pescatori che hanno subito allertato le forze dell’ordine.
Sembra che la gente del posto avesse iniziato ad avvertire un odore nauseabondo già nel corso della notte ma a causa della scarsa visibilità – in quella zona non c’è illuminazione – nessuno si era accorto della mostruosità. A dare l’allarme alle prime luci dell’alba sono stati Antonio A. e Pedro S., due pescatori diretti alla loro imbarcazione, attraccata poco lontano.
“È stato orribile” ha detto Antonio A. a una cronista di un giornale locale “mostruoso. Quella cosa aveva gli occhi spalancati, immobili. Anche se era morta pareva che ti guardassero”.
“Puzzava come una partita di pesce marcio” è stata la dichiarazione di Pedro S. “se mi avessero chiuso in una stanza piena di cadaveri in putrefazione, avrei respirato meglio. Credetemi: quella cosa non è normale. Non dovrebbe esistere”.
Com’era prevedibile i blog e le testate di tutto il mondo hanno subito gridato a “Cthulhu!” ma riteniamo che il buon H.P. Lovecraft – se fosse vivo oggi – prenderebbe le distanze dai soliti gossip che infestano le riviste ad alto consumo. Il lettore medio, si sa, può essere facilmente influenzabile.
Tuttavia, c’è ancora qualcosa di cui parlare. Alcune fonti locali riportano questa notizia: circa un mese fa, pare che a Vila do Porto (isola Santa Maria) alcuni individui venuti da fuori abbiano interrogato gli abitanti del posto circa un possibile avvistamento di una misteriosa isola non segnata sulle mappe. Secondo questi stranieri non ancora identificati, l’isola avrebbe dovuto trovarsi al largo dell’isola Pico in direzione sud-ovest.
Naturalmente nell’area di mare indicata non c’è nessuna isola. Ripetute riprese dall’elicottero di alcune emittenti del posto non hanno riscontrato anomalie di sorta.
Ciò che inquieta di più l’opinione pubblica è il fatto che poco più di un anno e mezzo fa questa fetta di mondo era stata oggetto di un altro evento fuori dall’ordinario: l’avvistamento di un veliero fantasma noto col nome di Mary Celeste e la conseguente scomparsa dello showman Carlo Stein. La notizia – che potete leggere qui – sembrava ormai caduta nel dimenticatoio ma i fatti di oggi riportano alla luce oscuri interrogativi.
Cosa si cela nelle acque al largo delle Azzorre? È forse nato un nuovo “triangolo maledetto”?
Undici autori-tipo che gli editori devono evitare
Titolo che spero sia illuminante. Di cosa voglio parlare?
Semplice. Illustrare, attraverso una breve lista, le tipologie di autori in cui un editore rischia di imbattersi ogni giorno. La lista è messa giù in forma goliardica ma vuol essere di avviso tanto agli scrittori emergenti quando ai novelli editori. Io stesso, in qualità (allo stesso tempo) di autore e editore, credo di aver molto da imparare ancora – e soprattutto, forse, in alcuni di essi mi posso quasi riconoscere – ma intanto vi elargisco tutta la mia saggezza!
1 – L’ALLERGICO
L’allergico è quel soggetto che soffre di una particolare malattia chiamata “se tocco un tasto di più muoio”, come se temesse che, pigiando troppi tasti, potesse contrarre una grave forma di psoriasi. Perciò cosa fa? Dopo aver allegato il suo manoscritto e digitato il destinatario, salta a piè pari la finestra di messaggio e invia il suo bel malloppo senza uno straccio di riga di accompagnamento. A volte salta addirittura l’oggetto. Quando arrivano queste mail vuote, dovete contare fino a tre per non imprecare, ma poi siete ben felici di cestinare il messaggio senza nemmeno aprirlo. Per questa sua tendenza al mutismo, in genere l’allergico ha la casella di posta inviata piena zeppa di mail senza risposta.
2 – IL TIPO ALL INCLUSIVE
Questo soggetto ha la tendenza a fare di tutta l’erba un fascio. Prende il suo manoscritto, che allega alla mail e poi inserisce tra i destinatari il mondo intero (perché nessuno si è preso la briga di spiegargli che esiste la copia nascosta). Di norma ha un archivio in cui tiene tutti gli indirizzi mail insieme, separati da una virgola, così può fare un comodo copia incolla nella stringa di recapito. Il tipo in questione, purtroppo, ignora che l’editore è una persona che si accorge se è l’unico destinatario o se ci sono altri centotrenta indirizzi mail tra cui numerosi di dubbia moralità. Il soggetto all inclusive, a volte, riceve in risposta mail seccate e se la prende sul personale pensando di essere incappato in un editore troppo suscettibile.
3 – IL TIPO ALL’ANTICA
Il soggetto all’antica invia ancora i manoscritti in un plico, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno. Passa i giorni a guardia della cassetta delle lettere e quando arriva il postino lo terrorizza con interrogatori allucinanti, finanche accusarlo di avergli sottratto la posta. Il tipo all’antica controlla e ricontrolla la cartella delle ricevute delle raccomandate per essere certo di non aver dimenticato nessuno. Ciclicamente, se non ottiene riscontro, procede a un nuovo invio. È destinato a invecchiare con i cassetti pieni zeppi di manoscritti rilegati in tipografia e a sfogliarli, di tanto in tanto, sospirando con malinconia.
4 – IL “COBRA”
“Tu sei il Male e io sono la cura”, questo è il motto del soggetto numero quattro. Come appreso dal buon vecchio zio Sly, il Cobra è convinto che nel mondo venga pubblicato solo pattume e che le sue opere siano destinate a salvare il nostro paese da una regressione culturale. Il tipo Cobra è aggressivo, a lui non frega un cazzo di romperti i coglioni, perciò ti invia mail su mail anche a distanza di pochi mesi, ti invia manoscritti fino a intasarti la cassetta delle lettere, ti chiama al telefono se poco poco lo reperisce da qualche parte e, non contento, ti bracca in fiera, in ufficio, sotto casa. Al tipo Cobra non puoi dire di no. Puoi solo sparargli.
5 – IL “PANTERA”
Lo scorgete da lontano, mentre si avvicina guardingo al vostro stand in fiera. Ha con sé una borsa, uno zaino o una busta voluminosa. La tiene stretta sotto il braccio, fingendo di interessarsi ai vostri libri. Vi fa domande casuali, del tipo “questo autore non lo conosco, è un esordiente?” oppure “i prezzi di copertina sono bassi, come mai?” o ancora “vi seguo su internet, mi piacciono le vostre collane”, ma tutte prima o poi convergeranno in: “voi fate pagare per pubblicare?”. Questo soggetto, in genere, dopo la vostra cortese risposta – negativa, rassicurante – tira fuori dalla busta il suo capolavoro stampato e rilegato perché “casualmente” lo aveva con sé. Il più delle volte accade che quella massa di fogli venga dispersa il giorno del disallestimento dello stand.
6 – L’IGNARO
Questo soggetto disconosce il mondo dell’editoria, vive sul sentito dire. Ti si avvicina in fiera con un sorriso sicuro e ti chiede: “scusate, quanto si paga per pubblicare con voi?”. Dopo un primo sguardo sbigottito, la risposta è: “ma veramente, con noi non si paga”. Il tipo ignaro a questo punto vi fissa come se foste pazzi, o dei banali truffatori. Non pagare per pubblicare è per lui inammissibile, ignora che in qualità di autore dovrebbe percepire dei diritti. Vi rivolge un altro mezzo sorriso di circostanza e vi saluta, andando in cerca di un editore “vero”.
7 – IL PROLISSO
In agguato sia in fiera, sia su internet, il tipo prolisso ha dalla sua un’arma micidiale: usa le parole per uccidervi. In fiera vi racconta tutta la sua vita – che in genere è pure alla base del suo capolavoro – e via mail allega una lettera di presentazione lunga minimo tre pagine – che in verità ne basterebbe mezza – perché lui ci tiene a farvi sapere i nomi di tutti i membri della sua famiglia e che la sua maestra delle elementari gli ha inculcato il rispetto per la lingua italiana (per cui usa le d eufoniche come fossero vitali per respirare). Disgraziatamente anche la sinossi dell’opera è dannatamente lunga – almeno sette pagine – sebbene dopo dieci righe già pregustiate un black out nel quartiere che vi impedisca di seguitare a leggere. Il suo romanzo, poi, si dipana a partire da un prologo monumentale che ha un effetto così anestetico da farvi cadere la testa sulla scrivania senza possibilità di svegliarvi fino al mattino. I romanzi del tipo prolisso finiscono presto nel cestino ma in genere l’editore, per evitare sensi di colpa, invia una mail di risposta standard in rispetto al tempo che il disgraziato ha dedicato al suo lavoro.
8 – IL RIVOLUZIONARIO
Convinto di aver scritto qualcosa mai scritta prima, di aver fondato un nuovo genere letterario, di aver affrontato una tematica da una prospettiva nuova e differente, il tipo rivoluzionario in genere scrive una lettera di presentazione alternativa, innovativa, o comunque strana. A volte allega foto di se stesso a torso nudo, con una birra in mano o mentre suona la chitarra. Nel romanzo trovate fior fiore di parolacce a corredo di espressioni moderne e simbolo di una nuova generazione di protesta. Accade a volte che il romanzo del rivoluzionario faccia colpo, a tal punto da dare ottimi punti per frasi da condividere su facebook. Il tipo rivoluzionario è destinato a una lotta partigiana senza fine e, quindi, spesso finisce per autopubblicarsi su Amazon.
9 – IL PROFESSIONISTA
Scrive la mail della vostra vita, quella che avreste sempre voluto leggere. È soprattutto la biografia il suo pezzo forte, dove elenca tutte le sue pubblicazioni – tra le venti e le cinquanta – tutte edite da case editrici rigorosamente a pagamento. Si definisce uno scrittore professionista e il tono della mail è quella che potrebbe usare un giornalista RAI che ha appena ottenuto uno scoop sulla mafia. Il professionista non accetta di essere trattato alla stregua degli altri: tu editore hai avuto l’onore di essere scelto, non ti chiede di valutare il suo lavoro, te lo propina aspettandosi il contratto entro una settimana. Il professionista, puntualmente, verrà pubblicato ancora e ancora, sempre e solo da editori a pagamento. Il professionista è ricco di famiglia o ha una paga dirigenziale.
10 – IL POETA
C’è anche lui. Non poteva mancare. La maggior parte delle volte vi avvicina in fiera, col suo bel tomo di fogli battuti a macchina, caratteri piccoli su uno sfondo bianco enorme. Sono poesie d’amore, ispirate da una ragazza di gioventù, già, perché il novanta percento delle volte il poeta è un uomo di una certa età, over sessanta, e ha messo il cuore in quei versi. Imbarazzati, siete costretti a spiegare che non c’è mercato per la poesia, voi non la trattate, magari gli date i riferimenti di uno o due editori che hanno una collana dedicata e gli augurate buona fortuna. Il poeta vi ringrazia sentitamente, è abituato, sa che non pubblicherà mai, ma non gli importa. In quei versi è riposta la sua vita e lui è felice così.
11 – L’ARTISTA
Nella sua biografia ci tiene a farvi sapere tutte le sue molteplici sfaccettature artistiche: pittore, scultore, regista teatrale, sceneggiatore, musicista, regista cinematografico, poeta e naturalmente scrittore. Proprio per questo suo spiccato lato artistico, è uso inviare il proprio manoscritto con già una copertina, ignorando che creare la cover del libro rientra nell’attività della casa editrice. L’artista inoltre crea opere perfette. Guai a toccargliele! Se per caso decidete di accordargli un contratto, specificate nelle clausole che l’opera sarà sottoposta a editing, altrimenti rischiate una denuncia! L’artista che riesce a pubblicare una volta, in genere, fa presto a farsi una fama di rompicoglioni. Se per caso subodorate questo rischio dopo il primo contatto, fate una rapida indagine tra i vostri colleghi, onde evitare diatribe infinite. Meglio prevenire che curare!
Al mio tre scatenate l’Inferno (arringa no sense contro facebook, il sistema e l’editoria a pagamento)
Al mio tre scatenate l’Inferno.
Questo era Massimo Decimo Meridio, alias Russell Crowe ne Il Gladiatore (o forse era “via” o “segnale”, ma che importa?). Una massima che è diventata un must anche nel vivere quotidiano.
Quante frasi celebri hanno avuto un’evoluzione simile a questa? E a cosa è dovuto? C’è forse un bisogno primordiale nell’uomo di sovrapporre la fiction alla vita reale? Forse che questa realtà ormai così abbrutita non ci appartiene più? I profili facebook pullulano di notizie vere e false su ogni sorta di figura politica, l’italiano medio è ormai una marionetta in mano ai media ancor prima che ai governanti. Fa tutto parte di un sistema che ha più buchi di un groviera svizzero, c’è tanto da dimenticare in questa realtà, mentre dall’altra parte, sullo schermo o tra le righe di un libro, si celano mondi migliori del nostro. A volte peggiori, ma comunque diversi. E per una volta “diverso” diventa sinonimo di “migliore”, alla faccia dei benpensanti che hanno sempre visto nel “diverso” un mostro o una figura da evitare.
Ognuno di noi vorrebbe la nostra realtà “diversa”. Da qui la fuga in un altrove a noi più congeniale.
Qualcuno penserà che è un male, che fuggire non è la strada per cambiare, ma forse un cambiamento è già in atto e non può essere fermato. Abbiamo varcato il bordo di un precipizio da tempo e stiamo piombando giù a velocità folle, tutti insieme.
Ora, dopo quest’analisi sociologica spicciola, riprendiamo le redini del discorso iniziale, che sto divagando.
Scateniamo l’Inferno, dicevo.
Di inferni ce ne sono tanti. C’è un Girone apposito riservato agli Editori a Pagamento. Per la legge del contrapasso, tutti i condannati in quel limbo devono leggere ed editare gratuitamente tutti i romanzi che hanno pubblicato facendo pagare un contributo all’autore. E ogni singolo segno di bozza viene scavato sulla loro pelle da un ferro rovente. Cosicché i loro corpi divengano pergamene umane colme di correzioni. In modo che rammentino fino all’eternità la differenza tra ciò che sono stati e quello che avrebbero dovuto essere.
Ma sto fuorviando di nuovo, temo.
Non è facile quando si hanno tante idee in testa che sfarfallano all’impazzata in ogni angolo del cranio. Fermarle non è per niente facile.
Il post si è allungato a dismisura e non ho detto quello che volevo dire. O forse sì?
Ma, in fondo, è quello che succede quando cominci a strizzare i tasti andando a ruota libera.
In questi giorni sono molte le voci che vedo girare su facebook, parlano di raddrizzare la Costa Concordia, parlano di viaggi in posti impossibili, espongono gnocche di ogni tipo per dar risalto a questo o quel blog, dicono tante cose e ognuna racchiude in sé neppure la metà del senso che dovrebbe avere.
Voci che si sovrappongono, anche queste, a ruota libera.
Forse dovremmo fermarci per un po’, tutti. Non parlare. Pensare, certo. Riflettere. Che in fondo non è detto che tutto ciò che ci passa per la testa debba essere riportato in uno status pubblico. E forse io dovrei essere il primo, a smettere di picchiare su questi dannati tasti…
Oppure, è solo un momento. Una fase di transizione. un’aura di negatività destinata a finire. Come dice un’altra frase celebre, non può piovere per sempre.
Pacific Rim, questo grande parco giochi…
Un film dalla sceneggiatura banale, scontata, personaggi e situazioni che sono ormai stereotipi del genere. Ci sono i russi in stile Ivan Drago, i cinesi deficienti che giocano a basket – o erano thailandesi? Boh, durano troppo poco per capirlo – il bullo che deve prendere di petto il nostro “eroe” per farsi odiare un pochino e creare attrito nel gruppo, la ragazza dal passato tormentato, il comandante tutto d’un pezzo.
E poi ci sono i discorsi in stile Indipendence Day, gli atti di eroismo, i sacrifici per il bene dell’umanità, i personaggi-macchietta, un cameo di Ron Perlman come ne ha fatti tanti con quel sigaro tra le labbra – e per carità! meno male che c’è lui… – e tutto, tutto, tutto dannatamente prevedibile.
Quello che ti aspetti che accada, puntualmente si verifica. Non una sorpresa, non un colpo di scena. Tutto prettamente studiato per la commerciabilità del podotto. Perché è questo che la gente vuole. Semplicità, nessuna sorpresa in un film che deve divertire, nessun colpo basso in un prodotto che deve rispettare certe “regole” non scritte. E, soprattutto, nessun binario storto che possa buttarti giù da quelle che sono le montagne russe più divertenti di quest’anno.
Perché sì, Pacific Rim è un parco divertimenti, dove tutto è fatto per impressionare, trascinare nei combattimenti che sono immensi, mastodontici, così incredibilmente realistici nella loro maestosità da lasciarti a bocca aperta e occhi spalancati.
Questa, e solo questa, la forza del film.
Film che, mi giunge voce, ha praticamente rubato storia e idee all’anime Evangelion.
Chissà se i giapponesi si saranno risentiti o, anche loro, saranno rimasti in sala estasiati dalla grandezza degli effetti speciali.
Da Guillermo Del Toro mi sarei aspettato di più ma, forse, ha pensato di lasciare per un momento le opere d’autore per mettere in piedi uno spettacolo da botteghino. Nella speranza che possa fare abbastanza soldi da poterci regalare nel futuro qualche altra opera – vera – come Il labirinto del Fauno, voltiamo pagina e cataloghiamo Pacific Rim come un “capolavoro degli effetti speciali e degli stereotipi all’americana”.
Mary Celeste: realtà o finzione?
In questi giorni si è parlato del mistero della Mary Celeste un po’ ovunque.
La storia, per chi non la sapesse, è presto detta: nel 1872 questo vascello venne ritrovato al largo delle Azzorre senza equipaggio a bordo, alla deriva. Gli uomini del Dei Gratia, che avvistarono il brigantino, dissero di aver riscontrato tracce di un incendio a bordo e la mancanza degli strumenti di navigazione, come se la nave fosse stata abbandonata in fretta e furia. Una corda penzolava libera fuori bordo.
Molte sono state le ipotesi sulla vicenda, accavallatesi nel tempo. La più accreditata sembra essere quella secondo cui il capitano Benjamin Briggs, a causa di un principio di incendio – e della concomitante presenza di alcol a bordo – comandò al suo equipaggio di lasciare in fretta la nave, mettendo in acqua l’unica scialuppa, ma assicurandola al vascello con una corda. Una volta che l’incendio fu passato – senza arrecare grossi danni al vascello – la corda si sciolse e gli uomini non riuscirono più a risalire a bordo, vagando alla deriva fino a morire, con ogni probabilità, nonostante la vicinanza della costa – altro mistero! – di stenti.
Maggiori dettagli sono reperibili in diversi luoghi del web, anche su Wikipedia.
Quello che mi ha colpito in particolare è stata la notizia di un avvistamento del veliero fantasma nello stesso punto dove fu ritrovato dall’equipaggio del Dei Gratia. Un autentico tuffo nel soprannaturale. Così mi sono dato da fare e ho cercato maggiori notizie in rete.
Il noto “cacciatore dei misteri” italo-americano Carlo Stein (l’immagine accanto è quella del ritrovamento che lo ha reso celebre) pare abbia organizzato una spedizione per conto dell’emittente televisiva per cui lavora, che avrebbe come scopo quello di trovare e “abbordare” la nave fantasma.
All’iniziativa sembra che partecipi anche un discendente di quel Gilman Parker che fu l’ultimo proprietario della Mary Celeste prima che venisse affondata.
La notizia è abbastanza confusa. Viene da chiedersi innanzitutto – ammesso e non concesso che si creda ai fantasmi – come sia possibile che la Mary Celeste navighi ancora in quelle acque se fu affondata al largo di Haiti. Ricordiamo infatti che Clive Cussler ne scoprì i resti durante una missione con la NUMA nel 2001, o almeno così egli sostenne, sia pur contro l’opinione di molti esperti.
C’è poi un altro interessante aneddoto. A guidare la “combriccola” sarà un pescatore del posto di nome Marcel (il cognome non è stato divulgato) che afferma di aver avvistato la Mary Celeste in una coltre di nebbia. Ma come può esser certo che si tratti proprio del nostro brigantino, se era immersa nella nebbia? Anche qui qualcosa non quadra.
Non è ancora stata divulgata la data in cui Stein partirà per Vila Do Porto (Isola Santa Maria, la più piccola delle Azzorre) o se si trovi già in loco. Di sicuro è già lì la fotoreporter Eva Ronchi, cui dobbiamo alcune delle foto che vedete. Erano tante, io ho inserito le più significative. Purtroppo non ho trovato scatti che immortalassero lei o Seth Parker. Anche il pescatore, non è chiaro se si tratti di questo Marcel o no.
L’impressione, nel complesso, è che le voci trapelate siano appunto voci di corridoio. Come se la questione non dovesse venir fuori prima del “fatto compiuto”. Forse un banale errore da parte della Ronchi, ansiosa di vedere online i suoi scatti?
In conclusione, l’impianto descrittivo dietro a questa vicenda pare un po’ montato e richiama certi film horror degli anni 80 (il riferimento a The Fog è immediato). Senza contare che la spedizione organizzata da Stein avrà un costo non esiguo e viene da chiedersi chi si sobbarcherà le spese. L’emittente tv? O Stein stesso?
La sensazione è che tutto quanto finirà con un incredibile buco nell’acqua anche se, lo ammetto, l’idea che una nave fantasma come la Mary Celeste veleggi ancora per mare è a dir poco affascinante.
And the winner is…
Ecco qui di seguito l’estrazione del vincitore del Contest Ditemi cosa avete letto e (con un po’ di fortuna) vi regalo un libro.
Ma prima, un po’ di statistica. Dei nomi proposti, ne ho contati una quarantina già noti e riproposti più volte (non me li sono segnati e vado a memoria: Dario Tonani, Danilo Arona, Diana Lama, Alda Teodorani, Francesco Verso, Barbara Baraldi). Alcuni – pochi – sono invece già piuttosto blasonati (come Ammaniti, Baricco, Carrisi, Baldini, Oggero ecc.) ma stranamente – o per fortuna – non sembrano rappresentare le vostre letture preferite. Di conto, un’altra quarantina di nomi di emergenti è invece spuntata nelle vostre liste. Mi pare quindi di capire che non ci sia una preferenza sul “nome” – quanto forse su quei nomi che si conoscono e che infatti ho visto reiterare – e che tutto sommato qualche lettura più rischiosa sia stata fatta.
Il che è un bene, vista l’attuale situazione delle piccola e media editoria, che – editori a pagamento a parte – deve combattere ogni giorno contro i grossi titoli dei grandi marchi e i loro prodotti A) scadenti e B) venduti a prezzi stracciati.
Qualità e Mercato non vanno a braccetto. Forse non ci andranno mai. Con le dovute eccezioni, ve lo concedo.
Detto ciò, non mi resta che congratularmi con voi per le belle letture (beh, quasi tutte!) e con il vincitore del contest! (che ora contatterò privatamente per l’assegnazione del premio).
A presto con altre novità!
Intervista-lampo al festival Tra le Righe
Molto rapidamente, mentre il pollo al curry finisce di cuocersi, per condividere una brevissima intervista – poco più di un minuto – rilasciata durante il festival Tra le Righe.
Qui, in veste di editore di Nero Press Edizioni, ho parlato un po’ del marchio editoriale Nero Cafè.
In realtà, sebbene spesso metta la mia faccia in queste cose, devo puntualizzare che sono soltanto uno dei tre cervelli investiti del ruolo decisionale sui titoli da pubblicare.
E, gli altri due, non posso non nominarli!
Si tratta di Laura Platamone – sì, la conoscete, quella con la penna rossa che incute tanto timore e molti autori, nonché gli “editoruncoli”, temono! – che cura l’editing dei nostri testi; e Marco Battaglia il quale, anche se tra noi è colui che appare forse meno, dovete sapere che è anche il nostro consulente editoriale. Ovvero, è colui che ci riprende per le orecchie quando esageriamo con i nostri progetti, che solleva questioni sempre molto pertinenti che puntualmente a me e Laura sfuggono. Una sorta di magico trio, citando quel famoso terzetto che, se avete letto L’Autunno di Montebuio, ben conoscete.
Detto questo, godetevi l’intervista!