Interstellar: la nuova odissea
Prima che i puristi e i conservatori si sentano in dovere di contestare il titolo – e il contenuto – di questa recensione, lasciatemi dire che qualunque cosa vogliate dire, fondamentalmente – pur rispettandola – non m’interessa. 2001: Odissea nello Spazio ha segnato un’epoca ma è giusto che oggi, a 46 anni di distanza, vi succeda una nuova odissea. E Interstellar si pone nell’ottica di successore ideale, tanto per i contenuti, che per le musiche, la fotografia, l’intensità dei sentimenti. Con delle differenze, certo, a volte esigue, altre notevoli. Ma così deve essere.
Christopher Nolan, che firma la regia del film, non ci fa certo rimpiangere Stanley Kubrick, anzi. Dopo lavori come Memento e Inception, Interstellar non fa che confermare il talento di questo regista.
Quello a cui assistiamo in Interstellar in tre ore di pellicola non è soltanto l’odissea di un gruppo di astronauti in esplorazione nello spazio profondo alla ricerca di un nuovo mondo per la razza umana, ma anche un viaggio interiore – duplice, di Cooper e di Murph – e la storia di un padre e una figlia, del legame profondo che li unisce e che sembra elevata a metafora dell’intera umanità, perché è nell’amore reciproco che è possibile trovare la salvezza.
Questo in ultimo il messaggio del film.
E poco importa, francamente, se i benpensanti troveranno cavilli cui attaccarsi per criticare un capolavoro come questo. Vi è un lato mistico in Interstellar, così come fu per 2001: Odissea nello spazio, vi è un punto dove la scienza si ferma e lascia il passo a qualcosa che è al di là della nostra conoscenza. Così veniamo inghiottiti dall’ignoto e da una scoperta che ci avvolge e ci scalda il cuore. Perché noi siamo lì assieme a Cooper, in quella assurda quinta dimensione; e siamo lì con Murph, prima bambina e poi adulta; siamo lì anche noi perché, come loro, vorremmo salvare la Terra e l’umanità intera dalla devastazione che la sconvolge. Perché tale devastazione è laggiù, di fronte a noi, e la vediamo ogni giorno più reale, veramente. Non è un caso che vengano girati ciclicamente film sulla fine del mondo, la percezione dell’uomo suggerisce che è proprio là che ci stiamo spingendo, epoca dopo epoca. L’evoluzione, con lo sfruttamento indiscriminato delle risorse – di ogni tipo di risorsa – ci sta portando alla rovina.
E in Interstellar, questo viene dato per scontato. Non si ferma a spiegare perché si sia arrivati a questo punto. Non serve. Il futuro che ci mostra è distopico – viene detto che non si crede più nel viaggio sulla Luna e francamente dubito che questo possa accadere nel nostro futuro, ma potrei anche sbagliare – ma è un futuro fin troppo vicino a noi.
Davvero emozioni intense per un film che rimane impresso fin nel profondo.
Un plauso, infine, al cast: Un Matthew McCounaghey che, dopo la sensazionale prova nella serie True Detective, conferma la propria crescita professionale; intensa anche Jessica Chastain – che ricordiamo in un altro grande film: Zero Dark Thirty – nel ruolo della Murph adulta, e la piccola Mackenzie Foy (già vista in The Conjuring), che incarna tutta la tenerezza capace di far sciogliere il cuore a un padre. Ma tutto il cast – stellare – se la cava bene: Anne Hathaway, Michael Caine, John Lithgow, Topher Grace, Casey Affleck, Wes Bentley, David Gyasi, Matt Damon, Ellen Burstyn.
Alle musiche un sempre grande Hans Zimmer, capace di trovare i ritmi giusti per trascinare lo spettatore nella spirale temporale in cui si muovono Cooper – nello spazio – e Murph – sulla Terra.
Per chiudere, soltanto due parole: Grazie Christopher.
Ho trovato i paragoni tra interstellar e 2001 spesso pretestuosi, probabilmente obbligati dall’incessante battage pubblicitario degli ultimi mesi.
Tuttavia ciò non toglie che il film mi sia piaciuto tantissimo, esattamente come te: un giudizio simile nella forma ma diverso nella sostanza.
Ne ho discusso sul mio blog, magari ti interesserà leggere la mia recensione:
http://lapinsu.wordpress.com/2014/11/25/interstellar/