Quindici giorni di novembre, di José Luis Correa
– E tu? Tu l’hai amata?
– Tu ami questa spiaggia?
– Ma certo, fesso!
– Allora che caspita domandi?
– Ma io l’amo da più di cinquant’anni.
– Dammi tempo, vecchio. Dammi un po’ di tempo.
Ricardo Blanco è un investigatore privato, un improbabile incrocio tra Philip Marlowe e Sam Spade, che si muove, solitario e muto, tra le case e le spiagge di Las Palmas, sull’isola di Gran Canaria, luogo di libertà e di perdizione, dove i cosiddetti “figli di papà” credono di essere i padroni del mondo. E qualcuno lo crede davvero.
Quando la bellissima Maria Arancha Manrique si presenta nello studio di Ricardo chiedendogli di indagare sul presunto suicidio del fidanzato, il pressoché perfetto Antonio Camember, l’esperto detective capisce fin da subito di trovarsi di fronte a una montatura. Qualcuno ha ucciso il disgraziato, inscenando il suicidio, riuscendo a mettere nel sacco l’inesperta polizia isolana, ma non certo Ricardo. Attratto più dal fascino della donna, che dal caso in sé, decide di accettare.