Contest letterario “Tremo ancora”
Sissignore, avete letto bene. Mi è saltato in mente di indire un contest letterario. Ovviamente il tema è horror.
Che cosa significa “Tremo ancora”?
Semplice: dovete raccontarmi una storia, in non più di 1000 battute, una storia vera – o presunta tale, tanto non è che mi servono le prove, basta che siate convincenti – vissuta da voi, che vi scatena ancora il terrore al solo pensarci.
Dove postare la storiella?
Ovviamente qui, come commento a questo annuncio. Unico vincolo: sottoscrivere il Blog nella stringa qui accanto, nella colonna di destra. Sì, è una drittata, non posso farci niente, ma almeno non vi faccio pagare le spese di segreteria!
Premi: Ai primi tre classificati andranno i seguenti premi, così suddivisi:
Primo classificato: una copia di NASF6 autografata da me medesimo (più prezioso dell’oro, quindi) + lettura con rilascio di una scheda di valutazione di un vostro racconto + recensione di un vostro libro (qui sul mio blog o, se possibile, su una delle riviste web ove collaboro)
Secondo classificato: lettura con rilascio di una scheda di valutazione di un vostro racconto + recensione di un vostro libro (qui sul mio blog o, se possibile, su una delle riviste web ove collaboro)
Terzo classifcato: lettura con rilascio di una scheda di valutazione di un vostro racconto
Termine di scadenza per la “consegna” è il 28.02.2011 (avete un mese per buttare giù 1000 caratteri. So che ce la potete fare).
Co-giurata (insieme a me) di questo contest sarà Laura Platamone (altresì conosicuta come La Laura che Scrive).
Che la forza della penna sia con voi!
Bello, ma c’e’ una cosa che non ho capito: ci posso mettere elementi sovrannaturali, diciamo cosi’, espliciti o no?
Se riesci a raccontarmi di come il fantasma del tuo gatto ti è saltato sulla schiena mentre dormivi, riuscendo a spaventarmi… allora la risposta è sì. 😉
Voglio che mi mettiate paura, a voi scegliere come fare.
brrrr che paura! tremo già…
ah…bisogna far tremare te???
mmmm
vediamo
Ecco! ce l’ho!
TI LASCIO
😀
Serietà, per favore, su! 🙂
Dai. Inizio io con una storia TOTALMENTE vera. Ho modificato solo il nome della mia amica per ovvi motivi…
La intitolerei MONITO:
Any mi chiamò alle due di notte e mi chiese se potevo passare da lei.
Le risposi subito di si perché, nonostante la mia pazza amica dark fosse sposata, mi faceva ribollire il sangue, e non nascondo che speravo di portarmela a letto visto che il marito dormiva spesso fuori con la band.
Quando la vidi in lacrime sul divano, i miei cattivi propositi vacillarono.
Mi abbracciò e iniziò a raccontare:
La sera precedente avevano fatto una seduta spiritica. Ne facevano molte e, a suo dire, funzionavano. Si era svegliata di colpo, all’alba, in piena angoscia. Sopra il letto stava sospesa un’ombra nera di forma vagamente umana.
L’ombra le disse – Questo è l’unico avvertimento – e scomparve.
Any si era girata subito verso il marito: La fissava con occhi sbarrati e piangeva.
Poco più tardi, mentre facevano silenziosamente colazione, arrivò una telefonata: Suo padre aveva avuto un infarto ed era vivo per miracolo.
Any non ha più fatto sedute spiritiche e ha traslocato, ma soffre tutt’ora d’insonnia.
Ostrega… mi ispira, dovrei riuscirci per fine Febbraio:-)
Mi permetto in giornata di segnalare questo interessantissimo contest per il quale ti faccio i miei complimenti. Non ci conosciamo, ma io propagando colleghi e iniziative. Questo il mio blog gemello dove dò spazio agli altri:
http://ilsovranolettore.splinder.com
Un saluto.
Barbara Risoli (detta Rix)
Molto gentile Barbara, grazie! Appena possibile inserisco il tuo blog tra i miei link. 🙂
Davvero interessante! 🙂 Aspetto di spaventarmi anche io!
E inizierò di certo a frequentare questo blog, è molto interessante!!
Bene, per semplificare le cose puoi sottoscrivere il blog, in questo modo sarai aggiornata automaticamente ogni volta che compariranno nuovi articoli. 😉
Comunque inserirò tutti i nuovi sottoscrittori nei miei links. Quindi anche te. 😉
1000 battute compresi gli spazi?
Sì, spazi compresi.
Ok detto fatto. Ciao
Quella sera Franco e Anna visitarono il vecchio bunker di Vipiteno. Nessuno li volle seguire. La luna illuminava i loro passi nella foresta poi, giunti all’ingresso, accesero una torcia ed entrarono nel bunker ricavato nella montagna. Nel silenzio assoluto scesero diverse rampe di scale. Ogni piano era composto da vari corridoi tutti uguali. Un labirinto. Svoltato un angolo, videro luce fioca provenire da una stanza. Il respiro divenne affannato, come un meccanismo che si inceppa, mentre gli occhi strabuzzavano su delle figure incappucciate che recitavano una nenia arcana con un tono di voce che faceva rapprendere il sangue. I loro pensieri rimasero sospesi in aria, per poi ricadere violentemente a terra, rivelandogli ciò che si rifiutavano di credere: Erano nel bel mezzo di una messa nera, nel ventre freddo di una montagna isolata. L’istinto ordinò loro di correre. Veloci risalirono le rampe e poi spediti nel bosco. La macchina infine li trascinò lontano da quel posto da incubo.
Scusa Daniele ho dimenticato il titolo. Diciamo “Il ventre della montagna di Satana” Un saluto
Comunicazione di servizio:
Vedo che c’è un po’ di confusione nei commenti, prego tutti di postare esclusivamente i racconti d’ora in avanti. Se avete domande, potete inviarmele privatamente a: danielepicciuti-writer@yahoo.it
In ogni caso, alla scadenza del 28 febbraio, raccoglierò tutti i racconti in concorso in un nuovo post, in attesa del giudizio finale.
Qualcuno, oltre noi, c’è.
E’ una casa senza molta luce, piena di ombre. Nel corridoio d’entrata, in entrambe le pareti sono appese, storte, foto di una ragazza. Mio padre passa in rassegna ogni quadro raddrizzandolo con precisione e mi fa segno di aspettare. Andiamo in cucina sistemata proprio alla fine del corridoio. Una vecchia è seduta al tavolo, sembra avere duecento anni tanto la sua pelle è raggrinzita: i suoi occhi sono bianchi. E’ cieca, ma riconosce immediatamente mio padre che non vede da anni. Parlano tra loro un siciliano stretto che non comprendo. Mio padre allora mi spiega che la figlia della donna è morta il giorno stesso delle nozze, in un incidente stradale, tanti anni prima, mentre si dirigeva in chiesa. Aggiunge che ancora oggi tante persone continuano a vedere la sposa in più luoghi a P. Dopo qualche minuto ci congediamo dalla vecchia la quale contraccambia i saluti da parte sua e della sposa. Ci dirigiamo verso l’uscita e mio padre mi fa notare con la mano i quadri: sono di nuovo inclinati.
Pochi minuti alle due.
Un rumore sordo di uno sportello che veniva chiuso con forza mi svegliò. Pochi minuti alle due. Riuscii appena a scorgere il guidatore che si voltava: sembrava quasi che mi avesse visto, ma con quel buio era impossibile. L’auto che se ne andava di corsa, pareva la mia. Poi uno schianto. Uno strano fastidio s’impossessò del mio stomaco così decisi di farmi una tazza di tè. Il telefono squillò, emettendo il suo grido disperato nella notte. Ma perché cazzo avevo ancora quella suoneria? All’indomani l’avrei cambiata. Era mia madre in lacrime: Matteo aveva avuto un grave incidente e lottava tra la vita e la morte. Mi precipitai giù con le chiavi in mano e mi diressi verso l’auto. Aprii lo sportello e richiusi con forza. Ancora quella sensazione allo stomaco. Chissà perché mi venne di voltarmi verso la finestra della mia camera, con stupore mi parve di vedere una figura che si affacciava. Guardai l’orologio, mancavano pochi minuti alle due. Partii, poi la verità mi folgorò: Matteo ero io.
– Senza difese –
Vivevo da sola da poco. Stavano ristrutturando il mio e altri stabili, impalcature coprivano tutto passando davanti alle finestre. In quei giorni allarmi avevano suonato in altri palazzi, quando accadeva era snervante.
Una notte, quando ancora ero in uno stato ibrido tra sonno e veglia, dei colpi sulle assi all’esterno mi fecero sussultare. Subito fui sveglia, all’erta. Rimasi immobile, rigida, avevo paura di respirare. Sentii una necessità vitale di silenzio totale per capire la causa dei colpi. Il cuore galoppava mentre immaginavo il ladro appostato fuori. Ero senza difese. Non ricordavo se le tapparelle nelle altre stanze fossero abbassate: era estate. Avrei dovuto alzarmi, muovermi, rendermi visibile e fare rumore. Non volevo. L’ansia mi divorava tenendomi immobile ma imponendomi l’urgenza di controllare. Decisi di andare. Mi mossi ma ci fu un altro colpo, più secco. Poi rumore dalla tapparella del salotto: stava entrando!
Il vento stava entrando. Quel giorno ci fu un gran temporale.
L’uomo nero
Stavo giocando a nascondino ignaro di quel che sarebbe accaduto, ad un tratto il tempo sembrò fermarsi, ed ebbi la netta sensazione che qualcosa di strano e spiacevole stava per succedere.
ero l’ultimo che doveva essere scoperto, appena ebbi questa sensazione vidi arrivare una persona tutta vestita di nero di grande statura e con un grande cappello che gli copriva completamente il volto.
Procedeva in silenzio con passo spedito e lo sguardo rivolto a terra, mentre mi avvicinavo lo chiamavo ma non mi rispondeva, arrivato vicino, mi sono abbassato per guardarlo in volto e quello che vidi mi fece si rizzare i capelli in testa.
Sembrava un uomo alto almeno due metri e magro come un palo, quando lo guardai in volto, un volto scavato scurissimo ma non di pelle nera piuttosto come fosse dipinto di carbone con due occhi grandi e rossi come il fuoco che sembravano emanare scintille. Lui mi guardò e in me si scateno tutta la paura di questo mondo, incominciai a correre e gridare…
BUONE FORCHETTE
Conduco un un blog di cucina nel quale si discute di ricette rare e di locali nascosti e dimenticati, spesso incantevoli, ove poter gustare specialità probabilmente uniche al mondo. Ho visitato anche la Puglia e il Trentino ma la vera sorpresa la ebbi sull’ autostrada per Orte, dove vi era uno stabile, un ex-mattatoio, adibito a ristorante e pensione. Io e la mia collaboratrice percepimmo la stranezza appena entrati. Un locale ampio e vuoto se non per un cameriere altissimo ed una giovane signora che conduceva un carabiniere tozzo all’uscita. Poco dopo che ci fummo seduti avvertimmo entrambi un odore forte di zolfo. Udimmo, fiebile, un lamento in lontananza, ovattato dai muri.. Specchi, quadri e lampadari ci guardavano sinistri. Mentre I nostri ospiti trafficavano nelle cucine ci alzammo e ce la svignammo. Dallo specchietto retrovisore della nostra auto in fuga li vidi inseguirci a piedi. La donna infine si arrestò, prese il mio numero di targa e sorrise maligna.
-Quell’uomo-
La spiaggia non era molto affollata.
Ero lì con le mie cugine più piccole, la giornata era passata velocemente ed era l’ora di ritornare a casa. Noi bambine eravamo pronte per andare, ma i nostri genitori si erano fermati a parlare.
Ci eravamo appena sedute su una panchina all’uscita della spiaggia, quando un ragazzo si sedette accanto a noi. Non aveva più di 27 anni. Iniziò a chiederci come ci chiamavamo e quanti anni avevamo. A quel tempo avevo sette anni. Ci chiese se volevamo andare con lui, accompagnarlo fino alla macchina, rifiutammo. Lui insistette per parecchie volte, ma rifiutammo sempre. Evidentemente spazientito afferrò la mia cugina più piccola e cercò di portarla con se. Corsi verso di loro e cercai di liberarla da quell’uomo. Infastidito dalla mia presenza, lasciò mia cugina e afferrò me. L’uomo mi prese in braccio e corse verso la sua macchina. Io iniziai a piangere. Mi caricò dentro e si mise alla guida. Arrivammo ad una piccola casetta, si fermò e mi portò dentro. C’era solo un letto. Ricordo le sue mani su di me, mi toccava, il suo corpo sopra il mio, ricordo un dolore straziante. Poi nient’altro. Probabilmente svenni. Mi ritrovai da sola, ancora stesa sul letto.
Buio
Il bambino s’alzò dal letto, in piena notte, svegliato da qualcosa a cui non seppe dare un nome. Poi uscì dalla stanza, nel lungo corridoio buio che portava al soggiorno.
Non si guardò alle spalle, verso la porta di casa, dove una tenebra ancor più fitta inghiottiva l’altra metà dell’appartamento. Là c’era qualcosa di spaventoso. C’era l’oscurità delle scale, il loro colpevole silenzio, le porte di altre case chiuse in cui altra tenebra s’addensava.
Il bambino si sentì sempre più spinto verso quel corridoio. Camminò in punta di piedi, per non svegliare i nonni che riposavano nella camera accanto al soggiorno. Quindi attraversò la sala e costeggiò il tavolo di marmo su cui cenavano ogni sera. Si fermò davanti alla porta finestra e l’aprì.
Uscì sul balcone e fu investito dal freddo dell’aria notturna. Si avvicinò alla ringhiera e guardò giù, in strada. Quattro piani lo separavano dall’asfalto, nero come la notte.
Senza sapere perché, si gettò nel vuoto.
La notte del male
Avrei voluto solo scrivere un romanzo, una storia sui demoni dell’Inferno, e cercavo quindi di raccogliere più informazioni possibili sull’argomento, utilizzando qualunque fonte mi capitasse sotto mano. Tuttavia, senza nemmeno volerlo, la mente veniva inesorabilmente soggiogata dalla follia, rendendo infine reale l’immaginario della mia fantasia. Durante una delle notti che seguirono, ormai in procinto di prendere sonno, le voci aspirate di tre vecchie dal corpo consumato dai secoli giunsero al mio orecchio con parole incomprensibili. Le luci erano spente, non vedevo nulla, ma – non so come – sapevo che erano in tre. Sta’ zitto, cuore, smettila di battere così forte! I tre demoni oscuri potrebbero sentirti e strapparti via dal mio petto! Le vecchie erano già lì ai piedi del letto e aspettavano solo che io cacciassi una mano fuori dalle coperte per cingermi il polso e portarmi con loro nel regno del male. Chiusi gli occhi e attesi che andassero via, sperando che mi lasciassero vivere.
Da piccolo passavo spesso qualche settimana in campagna a casa dei nonni. Con noi c’era anche una mia cuginetta.
L’abitazione si affacciava su un’aia che confinava con una vecchia stalla.
Un giorno, giocando a nascondino, ero entrato nella stalla e, tirandomi dietro la porta, il chiavistello si era chiuso.
Terminata la conta, la cuginetta si mise a cercarmi, mentre io guardavo con preoccupazione il locale buio. Lungo le pareti era accatastata ogni genere di cianfrusaglia e notai una figura nera in fondo. Era inquietante perché sembrava una vecchia deforme. Era immobile, ma io temevo che potesse assalirmi.
Allora cominciai a chiamare battendo i pugni sulla porta, ma il chiavistello gemeva senza cedere.
Ero sicuro di sentire dei passi che si avvicinavano dietro di me, mentre fuori la cuginetta riusciva solo a piangere.
Quando ormai mi aspettavo di essere afferrato dagli artigli della vecchia, improvvisamente la porta si aprì e assieme alla luce del giorno entrò il nonno. Ero salvo!
Vorrei annullare il post precedente perchè ho contato le 1000 battute senza tenere conto degli spazi.
Ho letto dopo.
Qui il racconto modificato.
TEMPESTA SUL LAGO
Il clima quell’anno era pazzo, non permetteva di uscire senza l’ombrello.
Un mattino nell’alzarmi dal letto, vidi un cielo d’incanto.
“Finalmente” pensai, mi sarei fatta accompagnare sull’isola del mio ragazzo.
Lo chiamai immediatamente, sul principio si mostrò titubante, ma dopo un ora eravamo in battello.
Immortalai il paesaggio senza fermarmi un attimo, fino a che un acquazzone ci bagnò testa e piedi.
Non ci rimase altra scelta, che tornare sulla terraferma.
Una grandinata colpì l’imbarcazione che spaventò pure il traghettatore, ci disse “ragazzi mi fermo, questo lago non scherza.” Guardai l’uscita e vidi acqua, mi voltai ancora acqua, tanta acqua, troppa acqua.
Sentii il cuore uscire dal corpo, forse svenni, ma non ricordo nulla. Quando mi ripresi stavo male, non osavo guardare.
Vedevo la morte venirmi incontro, senza accorgermi mi trovai in ginocchio a recitare il padre nostro. All’amen, sentì una voce che mi fece risuscitare
Era il battelliere che gridava “evviva siamo salvi.”
@leonardo: manca il titolo!
@lucia: okay, sistemo ma manca il titolo e ricordati di sottoscrivere il blog!
Grazie, mi sono iscritta al blog e già che c’ero ho aggiunto anche il mio cognome. Rileggendo il racconto ho trovato anche un errore di battitura…
Spero che il titolo non sia conteggiato nelle battute altrimenti fammi sapere.
Titolo
Tempesta sul lago.
Grazie di nuovo
No, i ltitolo non viene conteggiato. 🙂
Potrei cominciare da qui. Da me seduta a terra, sul marciapiede davanti al bar. La schiena contro lo spigolo della rientranza di una delle vetrate. Le braccia abbandonate lungo i fianchi. Io che ho perso le forze. Forse il calore di tutto questo sangue. Pesante sulle mie gambe, il corpo dell’uomo a cui ho tagliato la gola. Quasi un parto, una nascita. Lui tra le mie gambe in questo lago di sangue. Ha smesso di sussultare. Il sangue si sta rapprendendo, lo sento sulla pelle. Ho la testa pesante. In lontananza le urla della gente. Dentro di me un silenzio che rincorrevo da anni.
Oppure potrei cominciare da quella mattina di luglio di quattro anni fa. Mia figlia seduta ad un tavolino di quel bar che cerca a fatica di alzarsi e si incammina lentissima e barcollante verso la mia automobile. Magra. La maglietta rossa. I pantaloni al ginocchio, color verde mela, calati a metà fianchi, che tenta inutilmente di tirar su. Le mani incapaci di stringere le dita su quell’elastico. Cammina zigzagando. Le ginocchia che cedono. La testa che ciondola. Le palpebre abbassate su occhi stanchissimi. E la sua giovinezza che non c’è più.
STRANI INCONTRI
Come al solito quella macchina aveva parcheggiato davanti al suo garage. Era arrabbiatissima, ogni volta era la stessa storia! L’interno della vettura era vuoto, non c’era nessuno, ma mentre guardava all’interno, riflesso sul finestrino alzato, notò qualcosa muoversi alle sue spalle: una figura che avanzava lentamente. Stava per girarsi per chiedergli se l’auto fosse sua, ma non lo fece perché si accorse che qualcosa non andava.
In pochi attimi la figura divenne distinta. I contorni del viso erano chiari: un uomo di mezza età, basso, gli occhi sporgenti, un’espressione cattiva, un ghigno appena accennato. La stava guardando: per un attimo gli occhi di lui riflessi nel vetro incontrarono i suoi, una sensazione strana, non di paura: era sicura di conoscerlo, ma chi era?
Non fece in tempo a terminare i suoi pensieri che l’immagine di lui offuscò la sua, ponendosi dinanzi e coprendola, come se stesse attraversando quel breve spazio, quasi inesistente tra lei e il finestrino..poi solo il buio
Storia realmente accaduta alla sottoscritta… ho aggiunto solo qualche elemento per renderla più paurosa in quanto è stato nella realtà, tutto sommato, un evento curioso e non spiacevole. Quindi la base è comunque assolutamente reale. Sono precisamente 1000 battute.
Il nome appropriato è proprio quello dello stesso concorso..
TREMO ANCORA
Dormivo profondamente quando, ad un tratto, i miei sensi vennero risvegliati da un lento vibrare del letto. Si muoveva in un modo tanto lieve che nel dormiveglia mi pareva quasi un fatto “normale”, non potendolo giudicare con la logica razionale che si ha nello stato di veglia. Nella mia mente ripetevo tra me e me: “uff.. ho voglia di dormire, mi sta disturbando questa vibrazione”. Era un movimento costante e sentii contemporaneamente che era accompagnato da una presenza, non familiare, non umana. Scocciata da questo tremore aprii gli occhi come per “sgridare” quella presenza responsabile del fatto. Così guardai verso i miei piedi e vidi nel buio la sua sagoma, aveva una linea morbida e amichevole e guardarlo mi trasmetteva una sensazione di pace e sicurezza. Quando la mia mente assunse una maggiore consapevolezza di quel che accadeva mi sentii d’ un tratto vulnerabile e pensai “tutto questo non è normale”, provai allora l’ emozione della Paura,lui la lesse nei miei occhi ed io svenni.
Ieri c’era il mio post pubblicato sul blog. Oggi non c’è più. Un disguido o c’è qualche motivo?
Chiedo scusa … ritrovato.
@chi ha postato senza sottoscrivere il Blog: ricordo che per regolarizzarvi dovete inserire la vostra mail nella casellina nella colonna di destra dove c’è scritto “Sottoscrizione mail”.
@chi ha sottoscritto con una mail diversa da quella riportata nel commento: dovreste gentilmente segnalarmelo anche privatamente altrimenti non posso verificare la regolarità della vostra partecipazione.
UNA NOTTE DA INSONNE
La ragazza stava tentando di addormentarsi nella sua cameretta, ma ultimamente il sonno stentava ad arrivare e tra un pensiero e l’altro la sua attenzione fu attirata dal cigolio della porta d’ingresso, tutti dormivano in casa e nessuno, tranne lei, si accorse di nulla. Avvertì immediatamente la presenza di qualcuno in casa, decise di rimanere immobile nel suo letto controllando perfino il respiro e intanto dei passi incerti ispezionavano al buio le stanze: la sala da pranzo, la cucina, il bagno e sempre più vicini alla stanzetta. Ormai era dietro la porta della sua camera, ne avvertiva l’odore di sudore e il respiro affannoso, non sapeva che fare, urlare poteva essere rischioso, alzarsi dal letto per cercare un oggetto con cui eventualmente difendersi ancora peggio, era completamente paralizzata e il sudore le colava dalla fronte e inumidiva le sue mani che cominciarono a tremare così come il resto del corpo, la porta si aprì lentamente e lei con gli occhi chiusi sperava di non far notare il suo tremolio. Sentiva i passi avvicinarsi al suo letto, quando il sibilo di una sirena ruppe il silenzio, una luce si accese nell’altra stanza, spalancò gli occhi terrorizata…..era la sveglia di suo padre che suonava ogni mattina alle 6, nella stanza dormiva ancora sua sorella e in cucina sua madre preparava il caffè…..quella notte, finalmente, era riuscita ad addormentarsi.
CARNE
– Tutta questa carne a un cane, Mustafa?! – disapprovai stupita.
Amo gli animali, ma in città c’era gente che non mangiava carne da anni.
– Gli devo tutto – sospirò. – Fu… a Markale. Dava strattoni al guinzaglio, guaiva. Stavo parlando con un amico, avrei voluto fermarmi un po’… Niente. Dovetti andar via, Crno tirava troppo. E mezz’ora dopo…
– Cosa?
– Markale, ai primi di febbraio… – mi guardò basito. – Quelle granate sul mercato… un massacro…
Grattò teneramente il muso al dobermann. Mi girai verso le finestre senza più vetrate. Ora dai teli di plastica incombeva il miraggio del Monte Igman. Bellissimo, terribile.
– Non guardar di là. Tanto, i cecchini sono dove vogliono essere.
Annuii. La ciotola era lustra. Altre due leccate, poi Crno rigurgitò un brandello di stoffa e una scheggia di bottone. Sussultai. Mustafa li raccolse dal pavimento, rapido e furtivo.
Il suo sguardo implorò il mio silenzio.
Dalle colline il tramonto tingeva di rosso sangue i tetti sfondati di Sarajevo.
Sono capitata qui per caso e ci ho provato pure io. Non so se ho centrato in pieno la consegna, ma mi sono divertita a scriverlo.
P.s. Nell’originale c’erano alcune parti in corsivo, che qui purtroppo è andato perso.
Rosso
Gli occhi gialli mi fissano; i denti appuntiti assomigliano a stalattiti di ghiaccio bianco.
Non farlo, penso. Come se potesse sentirmi. Come se volesse sentirmi.
Si avvicina. Sbarro le palpebre.
So perché sei arrabbiata. Ti giuro che non volevo, che sono stata costretta. Mi hanno ripetuto che era la cosa giusta da fare.
Un altro passo. La bocca si deforma in uno ghigno. I denti brillano sotto i neon. Strizzo gli occhi e volto la testa.
Le stalattiti si conficcano dove la carne è più morbida, sul collo. Serro le labbra. Il sangue scende sulla clavicola. Il dolore brucia…
Ansimo. E mi ritrovo sul letto, al buio. Accendo la lampada e vado alla finestra, cercando nella luce del lampione un cumulo di terra fresca, in giardino.
Avevi i cuccioli, non potevo tenerli. Mi dispiace; mi dispiace che la sterilizzazione sia andata male. Tormentami, ma non posso farci niente.
Un miagolio lontano. Una fitta al collo.
Mi tasto. I polpastrelli si tingono di rosso.
Era solo un sogno. Non è mai solo un sogno.
CONTEST CHIUSO.
A breve lancerò un post riepilogativo di tutti i racconti iscritti.
filastrocche di bambini
Le squarciava il viso quel gelido soffio. Era il destino a compiersi inesorabile, le mutilava il viso come vetro affilato, le tagliava gli zigomi, e senza riguardo affondava le sue lame nella pelle livida. Tutto il resto nero intorno perforato dalla
cadenza ritmica dei singhiozzi, macabri sussulti di disgrazia che si alzavano dal fango. Scrosci d acqua, quel velo liscio che orami le cingeva l ovale del viso e lavava il pizzo insozzato di fango del colletto di scuola.i denti che pestavano impazziti ed il sapore dolciasto del sangue nella gola, e la vita irruenta, ostinata, malvagia ancora le ripeteva le filastrocche nella testa le sussurrava cantilene di bambini come per non farla dormire, per non farla impazzire per farle vivere fino in fondo quella fredda morte. Così la sorpresero quella mattina, una bimba pulita legata in un pozzo sporco.