It, di Stephen King
Derry, cittadina del Maine circondata dai boschi, culla di quello che è forse il peggiore degli incubi creati da Stephen King. Pennywise, orribile pagliaccio annidato nelle viscere di Derry come un topo nelle fogne, incarna un Male antico più della Terra stessa, un Male che acquista vigore grazie al nutrimento che ottiene dalle paure dei bambini – nonché dai bambini stessi – gli unici, in effetti, in grado di vederlo.
It è un tomo di oltre mille pagine, che tuttavia scivolano via come acqua. Il merito va tanto all’abilità narrativa di King – mai come in questo caso l’appellativo di Re è calzante – quanto alla struttura del romanzo, che intreccia le vicende del presente ai ricordi del passato. Infatti iniziamo a conoscere gli indimenticabili personaggi del libro solo in apparenza quando sono adulti, in realtà finiamo per entrare nei loro occhi, nei loro pensieri e nelle loro sensazioni soprattutto nelle loro vicende giovanili. Perché è nel passato la chiave di tutto, nei ricordi di quei giorni terribili, quando il “club dei Perdenti “ capitanato da Bill Denbrough ha sonfitto il mostro la prima volta.