Intervista su Strepitesti

Benvenuto in StrepiTesti Daniele.
Scrittore, articolista, recensore, organizzatore di concorsi letterari… la tua biografia ci propone il ritratto di un personaggio eclettico. Tu come ti presenteresti ai nostri lettori?
Scrittore, articolista, recensore, organizzatore di concorsi letterari… la tua biografia ci propone il ritratto di un personaggio eclettico. Tu come ti presenteresti ai nostri lettori?
Difficile parlare di me senza scadere nel già visto e sentito. Mi piacerebbe inventarmi un profilo tra il serial killer e l’angelo vendicatore, ma la verità è che sono una persona come tante, che ha nella creatività e nella fantasia l’arma migliore. Almeno, questo è quello che gli altri hanno sempre detto di me, e penso sia vero. Mi piace inventare, escogitare, creare. In quest’ottica i racconti, gli articoli e i concorsi hanno un’origine comune. Nascono da nuove idee. E le dita picchiettano veloci sulla tastiera trasformando in caratteri, parole, frasi e pagine quelle che nascono come idee.
Quando e perché hai cominciato a scrivere?
Ecco una domanda a cui è difficile rispondere con qualcosa di diverso dal solito “scrivo fin da quando ero bambino”. Nella maggior parte dei casi è così. Sono poche le persone che ammettono di aver cominciato a scrivere tardi. Nel mio caso, che dire? Ricordo ancora la mia prima Olivetti, una macchina da scrivere che oggi sarebbe considerata antidiluviana, ma che mi ha accompagnato per molto tempo nella mia infanzia. Ho sempre scritto. Come ho detto prima, la creatività e la fantasia sono dentro di me. Vorticano frenetiche alla ricerca di uno sbocco. E, quando succede, devo farle uscire o rischiano di inficiare la vita reale. Quante volte, mentre faccio una qualsiasi cosa, ho il colpo di genio, l’idea scatenante, e la devo mettere su carta? Anche un piccolo appunto, per non dimenticarla. Perché può succedere che, se non fermi subito l’idea, questa sguscia via, magari per far posto subito a un’altra. Carpe diem. Ecco. Questo è essenziale.
Sangue e acqua sono i due elementi che fanno da trait d’union ai racconti contenuti nella tua antologia. A cosa si deve questa scelta?
Volevo comporre una raccolta che non fosse semplicemente un’accozzaglia di racconti senza nulla in comune. Volevo fossero horror, questo è chiaro, ma dovevo trovare qualcosa che li accomunasse. Alcuni erano già scritti, altri li ho scritti dopo aver avuto l’idea. Essenzialmente trovo che il sangue e l’acqua, elementi che rappresentano la vita sulla Terra, si prestino a un gioco perverso. Ovvero, pur simbolicamente legati alla vita, non sono così lontani dal concetto di morte. Il sangue soprattutto. L’immagine di una ferita, del sangue che scorre, è vivida in ognuno di noi. A chi non è capitato di farsi male? Quanti film vediamo in tv o al cinema in cui litri di sangue scorrono durante questo o quell’altro omicidio? Per il sangue è stato facile. L’acqua, invece, che ci avvolge alla nascita e poi ci libera, che ci disseta quando siamo disidratati, che genera la vita… è molto più legata a un simbolismo positivo. Eppure… l’acqua racchiude anche un senso di mistero. Il mare, una distesa oceanica infinita sotto cui si muove silenzioso e non visto un mondo sommerso imperscrutabile. Un lago, melmoso e infestato di alghe, ideale nascondiglio per un cadavere. L’acqua vive nell’immaginario comune anche per questo. In definitiva, ho cercato di riprodurre il concetto di yin e yang (vita e morte, bene e male) attraverso questi due cicli: sangue e acqua.