Archivio per autore | Daniele Picciuti

In uscita Fantaweb 2.0, di Edizioni Della Vigna

Eccomi qui ad annunciare, dopo un periodo di quasi silenzio, l’uscita di una nuova antologia che vede all’interno un racconto del sottoscritto. Egocentrico come non mai, non posso fare a meno di essere particolarmente contento di questa pubblicazione, rimasta in incubazione per un paio di annetti prima di vedere la luce. L’idea, partita da un gruppo di lettura su Anobii, si è ben sviluppato nel tempo, soprattutto grazie alla volontà di Matteo Ciccone, curatore dell’antologia.

Il mio racconto, Il viaggiatore, si avvicina forse più a un horror technofantasy che alla fantascienza pura. Se avete presente Alien, capite cosa voglio dire.

A farmi compagnia, molti amici con cui ho condiviso altre raccolte, concorsi letterari o semplici scambi di mail, come Alfredo Mogavero, Stefano Andrea Noventa, Andrea Viscusi, Matteo Gambaro, Angelo Frascella. Ma gli altri, che non ho avuto il piacere di conoscere se non superificialmente, va comunque la mia stima.

Riporto dal sito dell’editore:

Internet: un luogo virtuale, quasi un non-luogo, ma ricco di fermenti e potenzialità. Dal ribollire di questo brodo elettronico di coltura (e di cultura), è scaturito un gruppo che si è lanciato nell’impresa di preparare un’antologia di fantascienza. Detto, fatto: ed ecco qui il risultato dei loro sforzi.
Racconti di fantascienza, anche se qualcuno è contaminato da altri generi, che affrontano vari argomenti: qualche autore ha preferito tematiche scientifiche/tecniche, qualche altro religiose; c’è chi si è occupato delle sorti ultime dell’Uomo, e chi si è spinto fino all’orrorifico.
Visioni ottimistiche e pessimistiche, scientifiche e umane, terrestri e aliene. Perché i gusti sono tanti, e tutti possano trovare in questo volume qualcosa di proprio gradimento.

Contiene i seguenti racconti:
Angelo Frascella – La vita in un segmento
Stefano Andrea Noventa – Alter ego
Francesco Cotrona – Habemus Messiam
Matteo Gambaro – Labirinti
Massimo Ferri – Teorema sinfonico
Emanuele Gabellini – Jack Farner
Alfredo Mogavero – Come scarabocchi su una lavagna
Andrea Viscusi – Il senso della vita
Patrizio Frosini – Albert
Daniele Picciuti – Il viaggiatore
Alberto Cecon – Dalla culla alla tomba

Vai alla pagina di Fantaweb sul sito dell’editore

Minuti Contati si rinnova: New Age Version

Il mio rifugio. Londra.
Il Big Ben.
Proprio un bel posto questo, dietro gli ingranaggi del tempo che passa. Minuti, secondi, fratelli miei e di una vita trascorsa in gara con il soffio delle ore sul collo. Non il mio, naturalmente. Quello delle mie vittime.
Non male, qui.
Certo, va riarredato un po’, ma ho tempo.
La Nuova Era è appena cominciata…

(Estratto del Diario dell’Aguzzino)

GIOVEDI 23 FEBBRAIO
ORE 21.30

MC NEW AGE
I EDIZIONE

Leggete il nuovo regolamento e accedete al forum nella sezione dedicata. Non è cambiato molto, ma è meglio non perdersi nulla. L’Aguzzino vi osserva…

“Abile descrittore di scaglie perturbanti” (parola di Barbara Baraldi)

Ormai è evidente: stiamo assistendo a una “nuova ondata” del fantastico italiano. È rilevante la parte di autori italiani, più o meno affermati, che intingono la penna nel calamaio del fantastico. E sta avvenendo in una generazione trasversale di autori, anagraficamente anche molto distanti gli uni dagli altri. Il genere si sta progressivamente affermando presso i lettori, nonostante la storica diffidenza verso gli autori nostrani.

La costante: una scrittura sempre di alto livello. Come quella di Daniele Picciuti, che con Racconti del sangue e dell’acqua (Bel-Ami edizioni) narra tredici storie inquietanti, da pelle d’oca, di dolore che trasuda dalle pareti, voci che sussurrano nella testa, ricordi pericolosi appiccicati a post-it in un angolo remoto di una casa di bambole, creature demoniache dal nome impronunciabile e impronunciabili orrori quotidiani. Citazionista senza mai essere emulativo, abile descrittore di scaglie perturbanti che emergono dalle sinapsi, Picciuti cala i suoi personaggi in una perfetta e goticissima ambientazione nostrana, a suo agio tra i suoi anfratti come un demone nell’abisso.

Leggi tutto l’articolo su Scritture Barbariche

La notte chiama (e altre storie), di Luigi Boccia e Nicola Lombardi

Un libro che per metà è La notte chiama e per metà è altre storie.

Luigi Boccia e Nicola Lombardi ci conducono in un incubo frastagliato, ridotto a mosaico per il lettore che deve ricomporre il puzzle.

Troviamo articoli di giornale di un vecchio fatto di sangue (il massacro di Montelupo), appunti deliranti di un direttore d’albergo che cammina sempre più pericolosamente verso l’orlo della follia, note sul taccuino di un parroco capace di intuire un dramma dietro i falsi sorrisi di Fabio Mistretta, e poi focalizzazioni sparse su Lorenza, la cameriera dagli occhi spiritati che prega in solitudine accarezzando un coltello scintillante, e ancora sulla giovane Arianna, sul cui diario annota i dettagli di un segreto che resterà insvelato per anni, e su Michele, il fulcro di tutta la storia, colui che si improvviserà investigatore per arrivare a scoperchiare la verità e riuscire, finalmente, a chiudere il cerchio.

Leggi tutta la recensione su Nero Cafè

Recensione su Horror Magazine de I Racconti del Sangue e dell’Acqua

cropped-coverdan1.jpgFinalista in numerosi concorsi letterari e presente in altrettante antologie di genere, il romano Daniele Picciuti approda alla sua prima antologia personale intitolata I racconti del sangue e dell’acqua: un titolo evocativo che annuncia il “manifesto programmatico” dell’autore, il filo conduttore dei suoi racconti, due elementi classici nella narrativa dell’orrore e due elementi primari dei quali sono fatti tutti gli esseri umani: il sangue e l’acqua.

Introduce l’autore il maestro dell’horror italiano Danilo Arona che fa un’interessante osservazione sulle antologie, come quella di Daniele: “In Italia le antologie vendono assai meno dei romanzi, ma nonostante ciò continuano a uscire, perché sono il termometro che misura lo stato di salute del genere”.
Un genere, quello dell’horror italiano, che è da sempre bistrattato, ma che è vivo, in piena forma e continua a produrre ogni anno nuovi interessanti autori e nuove opere in grado di dare un significativo contributo, come, i racconti di quest’antologia, tutti di buona fattura.

Leggi tutta la Recensione su HORROR MAGAZINE

I Racconti del sangue e dell’acqua: Recensione su MArte Magazine

Un nuovo modo di raccontare l’orrore e di farlo in Italia dove la tradizione horror ha subito una forte battuta d’arresto. Racconti di sangue e dolore, di acqua che non è vita ma è perdita e che diventano un doppio ciclo.

Daniele Picciuti, presenta in occasione delle finalissime MArteLive il suo nuovo romanzo, I racconti del sangue e dell’acqua, Edizioni Bel- Ami e quello che ci ritroviamo tra le mani è un piccolo gioiello di genere dove il sangue, linfa dell’uomo e di ogni creatura, e l’acqua, fonte primaria dell’esistenza di ogni essere vivente, sono il sottile filo conduttore di tredici storie sospese tra realtà e incubo, tra paure e debolezze, tra ignoto e surreale.
Forse più vicino alle antiche storie di terrore di matrice lovecraftiana (ma ci sono elementi che ricordano molto anche Stevenson, Le Fanu e Poe), che non alle moderne vicende del genere che proliferano in libreria, Picciuti ci lascia una raccolta che va dalla paura alla debolezza umana tramutate in tare della mente, a il male dell’anima, tutte ambientate sul suolo italiano, a rivendicare una cittadinanza letteraria troppo spesso sottovalutata.

Ci sono cose che gli uomini non possono e non vogliono vedere, ci sono elementi surreali che rendono più vivido il ricordo: il primo ciclo di storie, quello del sangue, è introdotto da una citazione di Stephen King (Terre desolate), il secondo segmento è presentato da una “ripresa” di H.P. Lovecraft (L’Oceano della notte), mentre ogni racconto ha un sottotitolo indicante la sua diretta connessione al sangue o all’acqua. Ed è così che storie e personaggi incalzano il lettore, uno dietro l’altro, in un impeto che include sesso e infamia, vita e dolore, morte e redenzione, come a dimostrare che non è affatto vero che il genere racconto è morto e sepolto (piuttosto, visto il tema, diremmo risorto dalla tomba come uno zombie).

Leggi tutta la recensione su MArte Magazine

Rot & Ruin, di Jonathan Maberry

Romanzo finalista al Bram Stoker Award e vincitore di altri prestigiosi premi come il Dead Letter Award, il Cybilis Award e il Melinda Award, più che un libro sugli zombie, Rot & Ruin può essere considerato un vero e proprio spaccato sociale, che strizza l’occhio a quel mondo post-apocalittico tipico di film come Mad Max e Resident Evil.

Ma le differenze, a livello di soggetto, sono notevoli.

Tanto per cominciare, nella storia di Maberry non ci sono eroi votati all’azione o al “coattismo” spudorato. C’è un ragazzino, Benny Imura, che all’inizio è quanto di più fastidioso ci si possa ritrovare davanti, un piccolo arrogante capace solo di giudicare gli altri, ma incapace di farlo con obiettività. Tom, fratello di Benny e rinomato Cacciatore di zombie, ai suoi occhi non è altro che un vigliacco, che ha lasciato morire la madre senza muovere un dito per salvarla.
I miti di Benny sono altri, quel Charlie occhio-di-vetro ad esempio, o il suo socio Motor city Hammer, così spavaldi e divertenti, le loro gesta sono raccontate perfino sulle Zombie Card. Peccato che, Benny lo scoprirà a sue spese, si tratti di persone poco raccomandabili.
L’avventura di questo ragazzino è una sorta di viaggio iniziatico che segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Questo tratto del romanzo ricorda molto opere statuarie come It di Stephen King, anche se le “dimensioni” qui sono molto più ridotte.

Da sempre chiusa nella piccola cittadina di Mountainside, la gente non è più abituata a pensare con la propria testa. Nel loro piccolo, i cittadini si sentono sicuri. Non sanno quale orrore si nasconde là fuori, nel territorio di Rot & Ruin. E non si tratta solo dei morti che vagano senza sosta, affamati.

Si tratta del rispetto per la vita, della dignità umana, della compassione.

Leggi tutta la recensione su Nero Cafè

Intervista su Strepitesti

Benvenuto in StrepiTesti Daniele.
Scrittore, articolista, recensore, organizzatore di concorsi letterari… la tua biografia ci propone il ritratto di un personaggio eclettico. Tu come ti presenteresti ai nostri lettori?

Difficile parlare di me senza scadere nel già visto e sentito. Mi piacerebbe inventarmi un profilo tra il serial killer e l’angelo vendicatore, ma la verità è che sono una persona come tante, che ha nella creatività e nella fantasia l’arma migliore. Almeno, questo è quello che gli altri hanno sempre detto di me, e penso sia vero. Mi piace inventare, escogitare, creare. In quest’ottica i racconti, gli articoli e i concorsi hanno un’origine comune. Nascono da nuove idee. E le dita picchiettano veloci sulla tastiera trasformando in caratteri, parole, frasi e pagine quelle che nascono come idee.

Quando e perché hai cominciato a scrivere?

Ecco una domanda a cui è difficile rispondere con qualcosa di diverso dal solito “scrivo fin da quando ero bambino”. Nella maggior parte dei casi è così. Sono poche le persone che ammettono di aver cominciato a scrivere tardi. Nel mio caso, che dire? Ricordo ancora la mia prima Olivetti, una macchina da scrivere che oggi sarebbe considerata antidiluviana, ma che mi ha accompagnato per molto tempo nella mia infanzia. Ho sempre scritto. Come ho detto prima, la creatività e la fantasia sono dentro di me. Vorticano frenetiche alla ricerca di uno sbocco. E, quando succede, devo farle uscire o rischiano di inficiare la vita reale. Quante volte, mentre faccio una qualsiasi cosa, ho il colpo di genio, l’idea scatenante, e la devo mettere su carta? Anche un piccolo appunto, per non dimenticarla. Perché può succedere che, se non fermi subito l’idea, questa sguscia via, magari per far posto subito a un’altra. Carpe diem. Ecco. Questo è essenziale.

Sangue e acqua sono i due elementi che fanno da trait d’union ai racconti contenuti nella tua antologia. A cosa si deve questa scelta?

Volevo comporre una raccolta che non fosse semplicemente un’accozzaglia di racconti senza nulla in comune. Volevo fossero horror, questo è chiaro, ma dovevo trovare qualcosa che li accomunasse. Alcuni erano già scritti, altri li ho scritti dopo aver avuto l’idea. Essenzialmente trovo che il sangue e l’acqua, elementi che rappresentano la vita sulla Terra, si prestino a un gioco perverso. Ovvero, pur simbolicamente legati alla vita, non sono così lontani dal concetto di morte. Il sangue soprattutto. L’immagine di una ferita, del sangue che scorre, è vivida in ognuno di noi. A chi non è capitato di farsi male? Quanti film vediamo in tv o al cinema in cui litri di sangue scorrono durante questo o quell’altro omicidio? Per il sangue è stato facile. L’acqua, invece, che ci avvolge alla nascita e poi ci libera, che ci disseta quando siamo disidratati, che genera la vita… è molto più legata a un simbolismo positivo. Eppure… l’acqua racchiude anche un senso di mistero. Il mare, una distesa oceanica infinita sotto cui si muove silenzioso e non visto un mondo sommerso imperscrutabile. Un lago, melmoso e infestato di alghe, ideale nascondiglio per un cadavere. L’acqua vive nell’immaginario comune anche per questo. In definitiva, ho cercato di riprodurre il concetto di yin e yang (vita e morte, bene e male) attraverso questi due cicli: sangue e acqua.

Le lacrime del drago, di Dean R. Koontz

drago

Il Terzo Occhio è andato a spulciare nella sua biblioteca impolverata, alla ricerca di un vecchio libro da recensire. Molti i titoli esposti tra gli scaffali, ma nessuno ha attirato la sua attenzione. Fino a quando la pupilla non si è dilatata, mettendo a fuoco questo titolo: Le lacrime del drago, di Dean R. Koontz.

Il romanzo risale agli anni Novanta ma, lasciatemelo dire, è scritto dannatamente bene. La storia “acchiappa” nel vero senso della parola, la follia dilagante e il pathos visionario di Koontz strappano il lettore dalla sedia e lo teletrasportano sulle strade devastate dalla criminalità californiana. E poi, ancora più in profondità, nella mente malata di un serial killer dotato di poteri paranormali.

Un enorme abitatore delle strade, un buon metro e novanta, ripugnante e vestito di stracci, stava davanti a lui, a non più di un passo. La sua faccia era sfigurata da cicatrici e piaghe purulente. Gli occhi erano stretti, poco più che due fessure, incrostati agli angoli da una biancastra cistosità gommosa. L’alito che usciva tra i denti marci del barbone, tra le labbra putrescenti, era così fetido che Harry ebbe un conato di vomito.

“Tic tac, tic tac” ripeté il vagabondo.

Leggi tutta la recensione su Nero Cafè